VISITA VIRTUALE ALLA BOTTEGA DEL FALEGNAME DI MONTECHIARO
Porta dell’ingresso laterale al laboratorio.
biglietto da visita di Domenico (Nino) Sordi
LA BOTTEGA E IL SUO LEGAME CON LA COMUNITA’ LOCALE
Questo laboratorio artigiano, già attivo ai primi decenni del 1900, ha operato per la comunità del luogo cercando di soddisfare sempre meglio le esigenze di una popolazione, allora numerosa, costituita per lo più da famiglie contadine.
Nella bottega venivano fabbricati e riparati attrezzi agricoli (carri, birocci, lese, aratri, botti, tini, cassette per l’uva, rastrelli ecc.). Anche la casa richiedeva serramenti, porte e finestre, mobili per ogni ambiente (camere da letto, sale da pranzo, culle, lettini e anche girelli e andarini per i bambini). Ci si rivolgeva al falegname per suppellettili e oggetti da cucina, quali taglieri, ciotole per i formaggi, tavole per la pasta. Non possiamo dimenticare la richiesta, dettata dalla fede semplice e fiduciosa di cui era impregnata la civiltà contadina, di piccole croci di legno per la protezione dei campi seminati dove venivano collocate dopo la loro benedizione il 3 maggio.
La bottega, dunque, veniva incontro ai più svariati bisogni del paese e delle frazioni circostanti, a partire dalle necessità più semplici della vita quotidiana fino a quelle che scandivano i momenti più solenni e importanti, quali la richiesta di mobili per gli sposi novelli ( spesso soltanto una camera da letto costituita da armadio, comò, comodini, petineuse e letto, da inserire nella casa della famiglia patriarcale già dotata di tutto il necessario). Anche in ricorrenze più tristi ci si recava dal falegname, per ordinare la fabbricazione della cassa per un famigliare defunto.
Il contatto diretto tra la domanda e l’offerta creava una relazione molto forte fra le persone, uno scambio non tanto di prodotti quanto di esperienze vissute, di sentimenti; era una condivisione di vita che costruiva la comunità. Anche fisicamente questa bottega artigiana ha rappresentato un luogo, uno spazio di aggregazione e di incontro per gli uomini del paese e delle frazioni della parrocchia.
Soprattutto nelle giornate invernali, quando ci si riposava dai lavori nei campi, la bottega si animava di persone che si riunivano intorno ad una grande stufa ricavata, anche questa artigianalmente, da un grande e vecchio barile per il carburante, alimentata da trucioli e segatura pressati; mentre il falegname lavorava insieme ai suoi garzoni e apprendisti, nella bottega si discuteva di politica, si commentavano fatti accaduti, si scambiavano opinioni, ci si divertiva anche ascoltando i racconti e le battute dei più capaci di fare satira su “personaggi” o macchiette del paese.
La figura professionale del falegname Domenico Sordi detto “Nino”, nata alla scuola del padre Giuseppe, ha progressivamente aperto i suoi orizzonti di paese, alla ricerca di maggiori competenze, di un perfezionamento delle tecniche di progettazione e di realizzazione, sostenuta da una passione forte. Fu proprio il desiderio di apprendere a spingere Domenico, non ancora ventenne, ad iscriversi alla Scuola di Arti e Mestieri di Giuseppe Visconti di Modrone a Grazzano Visconti.
I corsi di specializzazione della durata di tre anni hanno affinato la preparazione professionale di Domenico: lo testimonia anche la medaglia di bronzo ottenuta nel 1931 come riconoscimento per condotta e profitto. La scuola aveva fornito un metodo di lavoro e un desiderio di apprendere permanente; ne sono una prova le riviste di settore che ancora conserviamo: è’ bello sfogliarle per cogliervi non solo stili artistici del tempo e modalità di lavorazione del legno ma anche per leggervi uno spaccato della nostra storia nazionale. Sono numerosi, infatti, in queste riviste i riferimenti alle condizioni storiche e alle scelte governative in materia di lavoro.
diploma con medaglia di bronzo - 9 ottobre 1932
riviste degli anni '30
una fattura, ancora intestata al padre del Nino, con dicitura pagato
Il lavoro del falegname era un’attività complessa e ampia, ma nello stesso tempo molto specialistica. Si partiva dal tronco dell’albero da cui ricavare tavole, per arrivare alla realizzazione di un prodotto finito. A tutte le tappe di lavorazione era sottesa quell’importante fase preparatoria costituita dall’ideazione e dalla progettazione dell’opera da realizzare.
Doveva essere grande la soddisfazione dell’artigiano che vedeva gradualmente prendere forma un mobile o un attrezzo agricolo, che alla fine uscivano dalla bottega come una sua creatura.
La bottega con i suoi attrezzi e le sue macchine più significative è stata recuperata e conservata, come espressione non soltanto di una memoria privata, ma anche come testimonianza storica collettiva della comunità di appartenenza.
Qui di seguito proponiamo le fotografie degli attrezzi e delle macchine della falegnameria, in un percorso guidato attraverso immagini e descrizioni, per rendere più facilmente fruibile il materiale conservato.
ATTREZZI E MACCHINE PER RICAVARE LE TAVOLE
Il legname che veniva lavorato presso la falegnameria di Rallio di Montechiaro proveniva in gran parte da alberi (querce, olmi, noci, ciliegi, peri, castagni, acacie, pioppi ….) dei boschi e dalle campagne circostanti; la suddivisione in tavole dei tronchi avveniva nel porticato attiguo al laboratorio dove era installata, a partire dagli anni ’50, una sega a nastro con carrello.
Per un primo trattamento dei tronchi si usavano gli attrezzi che si vedono nella foto: tre seghe trasversali o segoni, per il taglio trasversale dei tronchi; uno scortecciatoio sulla destra, che serviva per togliere all’albero la corteccia, al fine di evitare che marcisse e si riempisse di insetti che avrebbero danneggiato il legno; un’ascia a forma di zappa, sulla sinistra sopra la sega ad arco, che serviva a spianare in modo grossolano i tronchi per ricavarne delle travi o per prepararli al taglio manuale delle assi.
Nell’immagine a fianco si vedono tre seghe intelaiate, di cui la centrale (sega longitudinale intelaiata) serviva per sezionare manualmente i tronchi. In questa sega la lama può essere spostata dalla mezzeria del telaio quando occorre squadrare tronchi di diametro notevole.
Affinché sia possibile usare questa sega è necessario mettere il tronco su appositi cavalletti, abbastanza alti, detti “capre”, per permettere la manovra dell’attrezzo da parte di due o tre operai, uno dei quali, montato sul tronco (spianato con l’ascia a forma di zappa) manovra l’impugnatura avendo cura di far seguire alla lama la linea di tracciatura superiore, mentre l’altro agisce dal basso e segue la linea di tracciatura inferiore. L'incisione qui di fianco, che si trova nell’Encyclopédie di Diderot e D'Alembert, mostra come si sezionano i tronchi manualmente.
Con la diffusione dell’elettricità la bottega si dotò di una sega a nastro, mossa da un motore elettrico. L’immagine seguente mostra questa sega, ormai priva, per ragioni di spazio, del carrello sul quale veniva fissato il tronco da segare. Detto carrello veniva spostato manualmente verso la lama facendolo scorrere su un apposito binario.
Sega a nastro per tronchi
I nastri di scorta
I nastri delle seghe erano soggetti a frequenti rotture, per cui bisognava provvedere alla loro riparazione mediante saldatura. Nell’immagine a fianco viene mostrata la saldatrice elettrica della bottega usata per riparare le lame, utilizzando una lamina di lega d’argento contenente borace, un sale che impedisce l’ossidazione generata dalle alte temperature (in mancanza di questa lamina ci si arrangiava con borace e con la lamina di ottone ricavata dal gambo delle lampadine guaste).
saldatrice
lamina per saldatura, in lega d'argento con anima di borace
Per giuntare una lama, il falegname limava le due estremità in modo da poterle sovrapporre senza creare spessore; fissava, quindi, le due parti sotto i morsetti della saldatrice allineandole negli appositi bracci. Fra le due lame sovrapposte nella parte limata veniva inserito un pezzo di lamina argentata contenente borace. Si dava corrente fino a che la lama diventava incandescente; a questo punto con la leva posta fra i due morsetti si pressava a fondo e si toglieva corrente. Per completare la saldatura occorreva, una volta raffreddata la lama, dare nuovamente corrente per la ricottura, cioè per ridare la tempra che la lama aveva perso con la precedente operazione; infine la zona saldatura veniva spianata con una lima.
Per tagliare bene il legno è necessario che le lame delle seghe abbiano i denti ben affilati e siano allicciate. L’operazione di allicciatura detta anche “dare strada alla sega” consiste nel piegare i denti alternativamente, uno a destra e uno a sinistra dalla parte delle spigolo affilato. In questo modo la sega effettua un taglio più ampio dello spessore della lama, così che questa non sfreghi contro i bordi del solco e ci sia anche lo spazio per evacuare la segatura prodotta.
Nella bottega di Rallio di Montechiaro, prima che queste operazioni venissero effettuate con una macchina automatica, erano fatte manualmente con l’uso di lime o mole per l’affilatura, mentre per l’allicciatura si usavano i due attrezzi che si vedono nelle foto: la licciarola e la più pratica pinza strada sega.
licciarola
pinza strada sega
Dopo il taglio, le tavole dovevano essere lasciate maturare (stagionatura) per far asciugare e indurire il legno per effetto del fissaggio dell’ossigeno sugli idrocarburi contenuti nel legno stesso. La stagionatura avveniva in luoghi protetti dal sole e bene areati. Il periodo minimo di maturazione era di 1 anno; i legni per mobili richiedevano più anni per far sì che, una volta fabbricato il mobile, il legno non fosse soggetto a ritiri o spacchi.
tavole di varie essenze
ATTREZZI PER LAVORARE LE TAVOLE
Mezzi e attrezzi di sostegno e per fissare
Il più importante è il banco da falegname. Nelle foto vengono mostrati i due banconi della bottega costruiti con legno di quercia. Ai banchi sono applicate due morse per fissare il legno: una sul lato più corto detta “carretto”, l’altra sul lato più lungo detta “morsa a banco”.
Il bancone di questa foto presenta un canale longitudinale nel quale si depositavano gli attrezzi perché non dessero ingombro.
Altri attrezzi di fissaggio sono il sergente e i morsetti, che servivano per tenere aderenti i pezzi incollati, fino a che la colla non avesse fatto presa. Nella foto si vedono: sulla destra in alto un sergente, sulla sinistra tre morsetti in legno,i più antichi, mentre in basso su un’apposita sbarra sono allineati i morsetti di ferro di varia lunghezza, fra i quali anche due morsetti per gli angoli.
Utensili e attrezzi per tracciare
Il mezzo più usato per tracciare è il lapis da falegname che si caratterizza per la mina rettangolare.
Altri utensili usati nella bottega sono raggruppati su due pannelli . In quello qui a fianco vediamo al centro la livella a bolla d’aria e, sotto a questa, la livella triangolare o archipenzolo; la rotella, posta in alto, fabbricata nella bottega, serviva per misurare la lunghezza, all'interno, della scanalatura (capruggine) in cui veniva inserito il coperchio della botte; sulla sinistra si vedono due compassi, uno in legno e l’altro in ferro e accanto a questo il compasso di spessore per verificare lo spessore del legno; a fianco si trovano il metro; il calibro a corsoio per le misure di spessori e di interni e, sulla destra le squadre ad angolo fisso a 90°.
In questo pannello vediamo: le squadre zoppe o false (due sono visibili in alto a destra) ad apertura variabile per riprodurre gli angoli non retti, formate da due elementi o bracci, uno fisso e uno mobile); una squadra ad angolo fisso (in fondo a destra) e i graffietti (cinque) che sono attrezzi di tracciamento combinati, equivalgono all’accoppiamento della riga e della punta a tracciare e servono a tracciare linee rette o sagomate.
Le seghe
Nella foto si vedono due tipi di seghe a mano: a lama libera (nel pannello) e a lama tesa.(una a sinistra del pannello).
Le prime, a lama libera, sono prive di intelaiatura. Fra queste si distingue il saracco (sono 5 in alto nel pannello) che può essere reso rigido all’inflessione laterale rinforzandolo con una costola in acciaio: saracco con costolatura ( quattro in basso a sinistra). C’è poi il gattuccio (i due in fondo a destra) che con la sua lama appuntita consente il passaggio attraverso i fori di piccolo diametro dai quali si inizia il taglio di una parete piena. Nel centro del pannello si vedono due piccole seghe a costola di legno, usate per i pavimenti o per le scannellature nei serramenti.
A lama tesa, sono le seghe da falegname provviste di intelaiatura, le quali, per la tensione continua dovuta alla torsione di una fune con un’apposita stecca di legno detta “nottola”, non sono libere di inflettersi. A sinistra nella foto si vede una sega a lama tesa particolare detta voltina o sega a volgere: ha una lama che non supera i 15 millimetri di larghezza e veniva usata per praticare tagli in curva o lavori di traforo.
Di particolare interesse è la sega per impiallacciare e per spine (detta il francese). E' dotata di due lame orizzontali, (incurvate per non scheggiare il legno), l’una, per impiallacciare, ha i denti meno fitti e arrotondati per consentire il taglio va e vieni, mentre l’altra, con i denti leggermente inclinati verso l’alto, serve per tagliare le spine senza rovinare il legno in cui sono inserite.
Utensili che producono trucioli
Nella foto, ricavata da un pannello che raggruppa svariati attrezzi (fra i quali si vede un’ascia a tagliente ricurvo usata per sagomare le doghe delle botti) ci sono tre coltelli a petto che servono per lavorare superfici sagomate (presenti nei carri, nelle botti, nelle seggiole ecc.) e due coltelli o ferri americani che sono attrezzi intermedi fra i coltelli a petto e le pialle.
coltelli americani
Fra gli utensili che producono trucioli ci sono anche le pialle che costituiscono un gruppo di utensili molto importante, che tratteremo più diffusamente nel paragrafo successivo.
Indispensabile per asportare dalle superfici piallate le irregolarità è la rasiera: lama di acciaio di cui un orlo è affilato a 90° in modo che gli spigoli possano raschiare il legno. L'affilatura della rasiera si effettua spianando sulla pietra ad olio il filo dell'utensile badando a tenerlo bene in squadra in modo da ottenere sui bordi della lamina due spigoli vivi. Si fissa la lama nella morsa e si procedeva schiacciando con forza e strofinando avanti e indietro l’apposito utensile detto acciarino sulla rasiera in modo da formare una bava tagliente sugli spigoli.
acciarino e, a sinistra, una lama rasiera
Altri mezzi con cui si possono raggiungere i più alti gradi di finitura sono la carta vetrata di varia finezza e la pietra pomice, usata asciutta o bagnata con acqua o olio di lino.
Le pialle
Riteniamo utile per i non addetti ai lavori spiegare come sono fatte le pialle che sono strumenti faticosi da usare ma che permettono di effettuare molte lavorazioni ( sgrossatura, finitura, fare scanalature e giunzioni, fare sagome di cornici o viti di legno). La loro struttura è abbastanza semplice infatti sono costituite da un “ferro”, cioè una lama di acciaio affilata in punta, con angolo di lavoro tra i 45° e 60°; un “ceppo o legno” che serve da sostegno e guida al ferro durante il lavoro e il “cuneo” che serve a fissare e mantenere nella giusta posizione di lavoro il ferro nel ceppo. La cavità nella quale è fissato il ferro è detta “buca” attraverso la quale sporge il ferro e al tempo stesso si smaltiscono i trucioli che salgono verso la parte allargata della buca. Alcune pialle oltre al ferro hanno un controferro registrabile che deviando immediatamente il truciolo evita la scheggiatura per quei legni che si scheggiano facilmente.
Oltre alle pialle con ceppo di legno ci sono quelle con ceppo metallico (brevettate negli USA a metà del 1800 e fabbricate dalla ditta Stanley) che hanno il vantaggio di conservare più a lungo la levigatura della suola, e di scorrere sul legno con minore attrito.
pialla Stanley
Le pialle della bottega (una per ogni tipo) sono state sistemate su due pannelli che rappresentano le tipologie più significative la cui funzione e caratteristiche vengono singolarmente descritte.
Primo pannello
PIALLE PER LA SGROSSATURA / SGROSSINI O SBOZZINI sono lunghe dai 25 ai 35 cm., hanno la suola piana ma il filo tagliente curvo (convesso), in modo da asportare forti spessori di materiale. Hanno la feritoia più larga delle pialle per finitura in quanto producono trucioli più grossi.
PIALLE PER LA FINITURA
Sono pialle che servono per la finitura delle assi già sgrossate. Fra le pialle per la finitura c’è il pialletto a finire lungo 20-25 cm. Solitamente il ferro ha il filo tagliente diritto ma gli spigoli smussati per non produrre delle rigature sulla superficie da piallare. Nella foto a fianco la prima pialla è in legno, la seconda in metallo tipo stanley e la terza in legno con suola di metallo
Simile al pialletto a finire ma molto più lungo (dai 65 ai 75 cm.) è il piallone che permette di rendere piane superfici di grandi dimensioni e di eseguire fili diritti sulle assi.
SPONDERUOLA
Questa pialla permette di spianare la fascia di contorno delle tavole. La sua caratteristica è di avere un ferro, posizionato con un angolo di 50° e con un tagliente largo quanto la suola e un cordolo del ferro largo quanto il foro del ceppo; il ferro perciò si può introdurre solo dal basso; qualche volta la lama è messa leggermente di traverso rispetto alla suola, cosa che solitamente migliora il grado di finitura ottenibile. I trucioli escono dall’apertura laterale. Queste pialle possono essere dotate di una lama ausiliaria per recidere le fibre nei tagli attraverso vena.
INCORSATOI PER SCANALATURE
Queste pialle sono utilizzate per scavare dei solchi (scanalature per l’inserimento di pannelli di ante o fondi di cassetti), ad una certa distanza dal bordo. In questo tipo di pialle non mancano mai la guida parallela che determina la distanza dal bordo e uno stop di profondità (manopola a vite situata nella parte superiore: vedi il secondo incorsatoio).
INCORSATOIO A DOPPIO FERRO PER UNIONI DENTE CANALE Permette la giunzione di due tavole. E’ costituito da due lame: una serve per scavare il canale e l’altra per formare il dente da incastrare nel canale. Ci vogliono specifiche pialle per differenti misure. Per canali attraverso vena la pialla ha una lama ausiliaria che serve a recidere le fibre ai lati del canale permettendo così un taglio più efficiente.
Secondo pannello
CAPRUGGINATOIO
è una pialla per fare la capruggine, cioè il solco all’estremità delle doghe delle botti entro il quale si incastrano i coperchi. Ci sono due punte che incidono due tagli paralleli e uno scalpello per asportare la striscia di legno incisa.
PIALLA PER SUPERFICI CURVE
Servono per lavorare superfici curve come i tini, le botti ecc.
PIALLE PER CODE DI RONDINE
Le code di rondine si posso fare con lo scalpello, ma se si estendono in lunghezza servono delle pialle come quelle che si vedono nella foto.
PIALLE PER SAGOMARE /MODANATURE (fasce sagomate)
Servono per creare profili diversi es. cornici dalle forme più disparate. La forma della suola e la lama riproducono in negativo la sagoma da realizzare . Rispetto alle pialle per spianare, queste hanno la possibilità di espellere il truciolo lateralmente anziché nella parte superiore per evitare che i trucioli possano incastrarsi. Le prime due pialle della foto hanno la sagoma di una cornice; la terza ha un profilo concavo e la quarta un profilo convesso.
PIALLE A LAMA DENTATA
Per predisporre le superfici per l’incollatura o l’impiallacciatura si usano pialle con "ferro a denti”, con angolo di lavoro quasi perpendicolare al piano tra 80° e 90°, che lascia sul legno dei piccoli solchi che verranno riempiti di colla.
FILIERA PER VITI IN LEGNO
Per fare le viti in legno si usano apposite filiere, sono delle specie di pialle con un foro nel ceppo, di dimensione prefissata; un ferro tagliente a forma di cuneo, all’interno del ceppo, permette di riprodurre in sezione il profilo del vano della vite.
PIALLA INSTRADATORE /ROUTER PLANE È una pialla che serve per asportare in modo preciso lo spessore di legno desiderato. Viene utilizzata per esempio per fare lo scasso in cui inserire una cerniera. In questo caso la parte di legno da asportare con la pialla viene prima tracciata nei tre lati con un coltello per tracciare ben affilato.
SFORMELLATORE Questa pialla serve per ridurre lo spessore perimetrale delle formelle per l’innesto in telaio; la lama angolata incide meglio le fibre poste trasversalmente
Utensili per forare
Comunemente usati nella bottega erano gli utensili manuali per forare il legno. Per i piccoli fori si usavano i succhielli (in fondo nella foto) azionati con una sola mano. Le trivelle invece servivano per praticare fori più grandi e di massima profondità, potendo la loro lunghezza raggiungere gli 80 cm. come quella visibile nella foto. Le trivelle sono comandate con due mani e posso essere a freccia (vedi trivella da 80 cm), a saetta o a elica. Una trivella particolare è quella collocata al centro del pannello, detta cucchiaia che serviva per dare conicità ai fori delle botti.
cucchiaia
Oltre ai succhielli e alle trivelle, si usavano le punte comandate da trapani a vite (in alto a destra) o a volano, per le punte molto piccole. Le punte più grosse, invece, si montavano su verrine dette anche girabecchi o menarole, oppure su trapani a petto che permettono di fare pressione con la spalla mentre si gira la manovella che fa girare il mandrino e quindi la punta in esso inserita. Fra le punte esposte nella rastrelliera ce n’è una espandibile che si presta per fare fori di vario diametro.
trapano a volano
menarola
Utensili ausiliari e accessori
Fra i più importanti utensili ausiliari ci sono i martelli, indispensabili all’impiego di scalpelli e sgorbie e per piantare e estrarre i chiodi. Nella foto si vedono alcuni martelli appoggiati su una specifica mensola che risponde a un’esigenza della bottega di ordine e di efficienza.
Nelle due foto che seguono si vedono i pannelli su cui sono stati messi utensili vari, alcuni dei quali già visti in precedenza.
Su questo pannello si vede il mazzuolo in legno per battere dei colpi elastici. Alla sua sinistra un grosso bedano, caratterizzato da una sezione quadrata e da un tagliente obliquo, per la realizzare di scanalature strette e profonde come le mortase cioè asole rettangolari; ci sono le sgorbie il cui ferro sagomato fornisce una linea di taglio ricurva, gli scalpelli da intagliatore che assumono diverse forme e profili e due scalpelli per cerniere a tridente e lineare, che servono per preparare la sede per inserire certi tipi di cerniere. Ci sono poi le chiavi fisse e quelle registrabili (dette “inglesi”) per fissare o allentare i bulloni.
In questo pannello , oltre agli utensili già visti in precedenza come i coltelli a petto e americani, gli attrezzi per allicciare, il seghetto per impiallacciare, la lama rasiera e relativo acciarino e l’ascia a tagliente ricurvo usata per sagomare le doghe delle botti, ci sono: le tenaglie le cui “ganasce” sono atte a estrarre i chiodi; i cacciaviti, le filiere per il ferro, i caccia punte con cui si affondano nel legno le teste dei chiodi, le forbici e i tagliavetro che una volta erano attrezzi particolarmente curati perché di un certo valore, essendo il tagliente costituito da un diamante naturale (sostituito poi da rotelline di metallo duro);
a sinistra tagliavetro a diamante, a destra quello a rotelle di metallo
ALTRI ATTREZZI DELLA BOTTEGA
La cassetta per tagli obliqui con sega a mano
Questo attrezzo era indispensabile per tagliare le cornici.
Attrezzi per affilare
Per l’affilatura di scalpelli, sgorbie e ferri delle pialle c’erano le mole mentre per le rasiere c’era l’acciarino come visto in precedenza.
Per togliere le sbavature agli utensili arrotati si usava la pietra a olio, cioè una pietra a grana finissima ammorbidita dall’olio.
Pietra a olio inserita in un supporto di legno
oliatore
La pentola per la colla
Questa pentola serviva per preparare la colla alla gelatina detta comunemente colla di pesce perché in origine era ricavata dalle vesciche natatorie dei pesci (poi dalle cotenne dei maiali o dalle ossa e cartilagini anche di origine bovina). I panetti di colla alla gelatina dovevano essere sciolti a bagnomaria alla temperatura di 70-80 gradi, perciò si usava l’apposito recipiente costituito da due pentole in ghisa che si inserivano una dentro l'altra per poter sciogliere la colla e mantenerla calda.
pani di colla di pesce marcati “Montecatini Extra Forte”
Attrezzi per impiallacciare
L’impiallacciatura consiste nel ricoprire un legname non pregiato con un sottilissimo (non superiore al millimetro) foglio di legno pregiato detto piallaccio. Il legno su cui incollare il piallaccio doveva essere preparato passando su di esso la pialla a lama dentata (vedi pialle) che lasciava dei piccoli solchi che venivano riempiti di colla.
La colla caldissima e di giusta densità si spalmava con pennello grosso in quantità abbondanti sul piano di posa ed in minor quantità da ambo le parti dei piallacci per creare equilibrio tra l’umidità interna ed esterna del foglio. Con il martello a penna o martellina si esercitava una pressione moderata per fare aderire bene il foglio e far fuoriuscire la colla in eccesso e le bolle d’aria.
Se si trattava una superficie ampia la colla poteva raffreddarsi e diventare gelatinosa; per scioglierla bisognava passare il ferro da stiro caldo dopo che si era provveduto a bagnare la superficie del piallaccio con acqua calda
Per eventuali bolle si incideva il piallaccio con una taglierina facendo fuoriuscire l’aria, si passava quindi un po’ di colla pressando sopra col martello a penna fino a presa avvenuta. Per tagliare le impiallacciature di spessore serviva l’apposito seghetto.
ferro da stiro
Attrezzo per giuntare le cinghie di trasmissione con punti metallici
attrezzo con una striscia di punti metallici
Attrezzo per tagliare i ferri
Martello da inferratore
consentiva di collocare nella giusta posizione i cerchi delle botti.
Leve per incerchiare le ruote dei carri
Servivano per sistemare i cerchi in ferro sulle ruote dei carri. I cerchi venivano arroventati sul fuoco per dilatarli, poi erano sistemati con questi attrezzi sulle ruote di legno che venivano poi gettate nell’acqua perché il ferro ritirandosi si saldasse alla ruota.
Punzone con il marchio della falegnameria
Serviva per marchiare a fuoco i carri e altri oggetti fabbricati nella falegnameria
Nessun attrezzo era necessario, invece, per la verniciatura tradizionale del legno che era quella a gommalacca con tampone. Occorrevano solo dei tamponi costituiti da una pezzuola di lana, imbevuta di gommalacca sciolta in alcool, avvolta in una tela bianca di cotone o di lino e poi tanta esperienza, olio di gomito, pazienza e tempo. Si ricorda che la gommalacca è la secrezione di un insetto “cimice della lacca” che vive in India e nell’Asia sud orientale. Il solvente della gommalacca è l’alcol.
MACCHINE PER LA LAVORAZIONE DEL LEGNO
Le macchine utensili hanno progressivamente sostituito gran parte delle attività prima svolte manualmente con gli attrezzi descritti in precedenza.
Le macchine che esponiamo qui di seguito sono le più antiche che operavano nella bottega e, salvo la sega a nastro, sono state fabbricate in Germania a fine ‘800 dalla ditta Kirchner di Lipsia, come evidenzia il marchio in fusione sulla struttura delle macchine.
Marchio KIRCHNER LEIPZIG sulla pialla a filo
Queste macchine, che possono essere considerate pezzi di archeologia industriale, erano prive di motori elettrici individuali e per funzionare venivano collegate ad un grosso motore elettrico dal quale partiva un albero molto lungo, con varie pulegge e una serie di cinghie inseribili singolarmente, che azionavano i vari macchinari.
Le cinghie che facevano funzionare le macchine erano fonte di pericolo per i lavoranti a cui veniva ricordato con il seguente cartello esposto nella bottega di non toccarle quando erano in movimento.
La sega a nastro
Questo tipo di sega funziona con una lama a forma di un nastro dentato chiuso, detto anche “senza fine” che gira con moto continuo avvolto su due pulegge o volanti a guisa di cinghia. Nell’immagine viene mostrata la sega a nastro della bottega. Da notare il particolare dei santi protettori incollati sul legno che copre il nastro.
Le piallatrici
Nelle due foto qui sotto vediamo le piallatrici usate nella bottega.
La piallatrice a filo o raddrizzatrice che serve per spianare una superficie. La macchina, con alimentazione del legno manuale, è composta da due tavole con dislivello uguale allo spessore di legno che si vuole asportare. L’asportazione del legno avviene mediante dei coltelli fissati su un rullo (albero) che gira a velocità elevata fra le due tavole.
La piallatrice a spessore che serve per piallare e contemporaneamente ridurre le tavole allo spessore prefissato. L’alimentazione del legno è automatica mediante un rullo rigato mentre l’asportazione del truciolo avviene con coltelli come per la piallatrice a filo.
La fresatrice o toupie
La fresatrice della bottega, che si vede nella foto, funziona con un albero verticale su cui si possono applicare utensili sagomati che permettono di fare lavorazioni talvolta molto complesse. Questa macchina è abbastanza pericolosa data l’alta velocità del suo albero. Gli utensili che si montano sulla fresatrice possono essere: a lame profilate o frese a disco.
lame profilate (nella foto si vede la grande quantità di lame sagomate per cornici in dotazione alla bottega); sono utensili forgiati che riproducono in negativo il profilo che si vuole realizzare, sono semplici ma pericolose perché più soggette a rottura,
frese a disco, costituite da un disco che, tramite appositi taglienti, riproduce la sagoma che si vuol generare nel legno.
lama profilata fissata sull’albero della toupie
Il tornio
In questa foto si vede il tornio della bottega con tre utensili (sgorbie e scalpello) appoggiati sulla mensola, tutti provvisti di una lunga impugnatura in legno per poterli afferrare con due mani per lavorare con più stabilità.
Il tornio è costituito da un banco, dalla testa motrice detta “fantina” (sulla sinistra della foto, con agganciata la cinghia di trasmissione) da una contropunta o “tappo mobile” (sulla destra con il volantino) e dal carrello portautensili formato da una slitta per sostenere l’utensile.
Per la tornitura il pezzo di legno viene montato fra la punta della fantina e la contropunta in modo che giri in solido con la fantina o testa motrice.
I pezzi di grande diametro, che non si possono montare tra punta e contropunta, vengono torniti “a sbalzo” fissandoli al disco che si attacca all’albero del tornio.
ciotola lavorata a sbalzo
carrello portautensile con, a sinistra, il disco per la tornitura a sbalzo
La mortasatrice orizzontale
Le mortasatrici possono essere ad albero verticale o orizzontale. Quella in dotazione alla bottega, che si vede nella foto, è una mortasatrice orizzontale che può praticare fori tondi o rettangolari per la realizzazione di asole per incastri dette mortase. La punta, messa in rotazione da una puleggia, è spinta manualmente contro il legno da forare mediante una leva in legno sino a raggiungere la profondità desiderata, fissata in anticipo con degli arresti registrabili. La tavola su cui viene fissato il legno da forare può muoversi verticalmente mediante un volantino posto sotto la tavola e orizzontalmente con apposita impugnatura in ferro che si vede in primo piano. Il legno da lavorare viene fissato saldamente alla tavola con il morsetto con volantino che si vede sopra la tavola.
mortasatrice con le punte nell’appisito contenitore applicato al muro